Oggetti a reazione poetica

Se l’archeologia industriale studia ciò che resta del lavoro dell’uomo, addentrarsi in un museo di natura industriale può significare rapportarsi con una serie di oggetti materiali che attualmente non fanno parte della nostra quotidianità.

Ricostruire il passato vuol dire prendere coscienza attraverso testimonianze che sono il  frutto di un saper fare, di quel patrimonio che è generato dalle abilità; il fabbro che costruisce gli strumenti di lavoro, che serviranno all’agricoltore o di quella serie di oggetti di uso comune nella vita familiare.

La poesia riportata di seguito è una sorta di dichiarazione di culto dell’oggetto del quotidiano, un po’ come gli arnesi in ferro conservati al Musil di Brescia, per fare cultura.

Una tradizione fatta di semplicità e funzionalità, che viene trasmessa caricando il prodotto di una bellezza intima, di un gusto fatto di genuinità.

FRA TUTTI GLI OGGETTI

Fra tutti gli oggetti i più cari
sono per me quelli usati.
Storti agli orli e ammaccati, i recipienti di rame,
i coltelli e forchette che hanno di legno i manici,
lucidi per tante mani: simili forme
mi paiono di tutte le più nobili. Come le lastre di pietra
intorno a case antiche, da tanti passi lise, levigate,
e fra cui crescono erbe, codesti
sono oggetti felici.
Penetrati nell’uso di molti,
spesso mutati, migliorano forma, si fanno
preziosi perché tante volte apprezzati.
Persino i frammenti delle sculture,
con quelle loro mani mozze, li amo. Anche quelle,
vissero per me. Lasciate cadere, ma pure portate;
travolte sì, ma perché non troppo in alto stavano.
Le costruzioni quasi in rovina
hanno l’aspetto di progetti
incompiuti, grandiosi; le loro belle misure
si posson già indovinare; non hanno bisogno
ancora della nostra comprensione. E poi
han già servito, sono persino superate. Tutto
questo mi fa felice.

Bertolt Brecht

Sitografia:

Analisi poesia 

Conservazione del patrimonio industriale