Quando si pensa a Bovisa, la prima cosa che viene in mente è il Politecnico, poi le vecchie aree industriali dismesse con il gasometro.
Non si pensa, però, a Bovisa prima dell’industrializzazione e di come gli stabilimenti produttivi abbiano influito e modificato l’assetto di un quartiere.
Nel corso dei decenni si è verificata una trasformazione del tessuto urbano; inizialmente costituito da un assemblaggio di nuclei agrari, si è poi sviluppato posizionando lotti industriali nelle aree strategiche, limitrofe alla rete ferroviaria.
In sostanza, sono stati realizzati alcuni interventi che hanno portato il cambiamento del quadro circostante, di cui tutt’oggi si legge la stratigrafia.
Bovisa fa parte della periferia storica di Milano, sviluppatasi ai margini della città ottocentesca intorno agli anni ’60 del XIX secolo. Sono state annesse costruzioni ai vecchi centri rurali e proto-industriali, sfruttando terreni a costo contenuto per attività produttive e residenze popolari, appoggiandosi ai grandi assi viari e radiali e alle infrastrutture di trasporto (principalmente la ferrovia).
Attualmente, la zona è caratterizzata da un tessuto misto di residenze, attività commerciali e produttive, che risultano disomogenee sia da un punto di vista morfologico che tipologico. Differentemente, le periferie contemporanee si sviluppano con intenti funzionali e le strutture risultano tipologicamente affini. Per esempio le periferie dei grandi quartieri popolari di edilizia pubblica del secondo dopoguerra erano state organizzate con edifici isolati di grandi dimensioni, intervallati da aree destinate a verde , per uso collettivo.
Si può dedurre quindi che il paesaggio urbano della periferia storica è stato fortemente influenzato dagli insediamenti industriali. Capannoni, ciminiere, recinzioni lungo le strade e, a volte, manufatti grandiosi, come i gasometri di Bovisa entrano nella memoria storica del luogo.
La periferia storica è come un labirinto. Si configura come un artificio privo di un disegno intenzionale, inganna per la sua mancanza di elementi urbani chiari e gerarchizzati. Questa organizzazione urbanistica non corrisponde a nessun modello consolidato, che la storia dell’architettura ci ha tramandato (il tessuto medievale, rinascimentale etc.), ci appare come un assemblaggio casuale di frammenti.
Per questo bisogna guardare alla periferia in un altro modo, rinunciando ai modelli consolidati dalla tradizione. Bisogna dare un valore simbolico a ciò che resta, per fare in modo che la comunità possa far proprio un luogo, riconoscendovisi e acquistando un’identità.
Purtroppo, la convinzione diffusa è che si possa attuare un rinnovamento solo attraverso interventi radicali, grandi (in termini di aree e volumetrie coinvolte), in totale contrapposizione con l’esistente, come il caso della riqualificazione della stazione Milano Nord Bovisa.
Un grande intervento non è automaticamente una soluzione riuscita.
Fonti:
Bovisa. Una riqualificazione possibile. Valeria Erba. Marina Molon. Corinna Morandi. Edizioni Unicopli