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Deindustrializzazione, trasformazioni e rigenerazioni part 2

Come promesso riprendiamo le fila dell’articolo precedente e analizziamo altri casi di deindustrializzazione, alcuni restano in attesa di una risoluzione, mentre altri hanno avuto un riscontro positivo.

  • Valentina Pacetti, presenta il caso Mirafiori a Torino. La città si è sviluppata attorno agli stabilimenti Fiat sia da un punto di vista spaziale, sia per quanto riguarda l’identità locale e le scelte politiche. A seguito della crisi del 2005 lo stabilimento venne acquistato dagli enti locali (Regione Piemonte e Comune di Torino) per scongiurarne la chiusura. Da quel momento una serie di proposte per una re-industrializzazione: la crisi è diventata un’opportunità per ridefinire il modello di sviluppo di un’azienda. In realtà, i vari progetti portati a termine sono molto diversi tra loro per finalità (istruzione, svago etc.) Mirafiori come condensatore di una metamorfosi infinita. Il punto dove va a parare la metamorfosi non si è capito.

    Mirafiori
    Ph credit: Wikipedia
  • Deindustrializzazione come valorizzazione grazie al medium fotografico. Si parla delle esperienze riportate da Cristina Paveri e Giuseppe Corbetta:
    • La fascinazione delle rovine industriali ha portato Cristina Paveri, ingegnere di professione, verso la pratica dell’esplorazione urbana fotografica. La sua tress passing all’interno della Necchi di Pavia, è servita per toccare con mano la dematerializzazione. La memoria storica che resta nell’edificio è qualche casellario o piccoli dettagli di architettura ( parti dell’altoforno, il crogiolo, i colori industriali). Le sue foto si sono concentrate nella fonderia, fulcro della fabbrica. Interessanti le memorie del lavoro; ci racconta che nella fila di docce si trovano contenitori di shampoo. Sono luoghi di forte impatto ed è la natura a fare da antagonista, invadendo prepotentemente gli spazi, rendendoli belli non solo per la loro storia ma anche per la loro estetica.

      Necchi Pavia
      Ph credit: Musei Civici Pavia
    • Per il fotografo Giuseppe Corbetta deindustrializzazione è stato cercare di comprendere cosa fosse successo 35 anni dopo “Ritratti di fabbriche” di Gabriele Basilico. Tanti i luoghi fotografati a Milano, tra cui la Fonderia Mazzetti o lo stabilimento Osram.

      Ph credit: Giuseppe Corbetta
  • La deindustrializzazione che è stata in grado di alimentare diverse forme di protesta, con il relativo coinvolgimento di diversi attori sociali, è stata quella della Saeco di Gaggio Montano. Il marchio con la relativa fabbrica sono stati fondati nel 1985 da un imprenditore della zona, nel giro di pochi decenni, acquisisce una certa notorietà nella filiera produttiva di macchine da caffè per uso domestico e attrae il gruppo Philips che decide di acquistarla. Nel 2009 il nuovo acquirente decide di decentralizzare parte della produzione in Romania. 6 anni dopo, iniziano i licenziamenti e da questa decisione incominciano le proteste. Il metodo di analisi di Eloisa Betti, in questo caso, rende importante lo studio di mappe cognitive e necessita l’intreccio con i cultural studies, ad esempio con la storia orale e di genere.

    Saeco Philips
    Ph credit: 24emilia

Fonti:

Convegno “Deindustrializzazione, trasformazioni e rigenerazioni”, Milano – Casa dell’Energia e dell’Ambiente, 4 Ottobre 2017